LA CORTE DEI CONTI
    Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza sul ricorso prodotto dalla
 signora Boari Luciana nata a Roma il 5 dicembre 1927,  vedova  di  De
 Palma Antonio, domiciliata elettivamente in Roma, viale delle Milizie
 n. 34, presso lo studio dell'avv. Daniele Ferlito, avverso il decreto
 n.  1744  in  data  18  aprile  1985  della  direzione generale degli
 istituti di previdenza, C.P.D.E.L.;
    Uditi, nella pubblica udienza del 19 giugno 1992, con l'assistenza
 del segretario Maria Marrone, il consigliere relatore  Maria  Letizia
 De   Lieto  Vollaro,  il  pubblico  ministero  in  persona  del  vice
 procuratore generale dott.  Antonio  Barrella,  non  presente  l'avv.
 Daniele Ferlito, procuratore speciale della ricorrente e non comparso
 l'avvocato dello Stato;
    Visti gli atti e i documenti tutti della causa;
                           RITENUTO IN FATTO
    1.  -  Con  atto  ritualmente  notificato, depositato il 24 aprile
 1989, la signora Boari Luciana, vedova dell' ex dipendente  De  Palma
 Antonio  - iscritto alla C.P.D.E.L. e deceduto in data 27 aprile 1983
 -   ha   presentato   ricorso,   sostenendo   l'illegittimita'    del
 provvedimento  con  il  quale  e'  stata  a lei negata la pensione di
 riversibilita', ai sensi del primo comma dell'art. 38 del  r.D.L.  3
 marzo  1938,  n.  680, in quanto all'atto del decesso del coniuge era
 separata legalmente per sentenza passata  in  giudicato  per  di  lei
 colpa,  come  da  decisione  del  tribunale  civile di Roma in data 7
 novembre 1973 n. 7437.
    A sostegno della propria tesi,  la  ricorrente  ha  esibito  anche
 copia  della  sentenza della Corte costituzionale n. 286 in data 8/28
 luglio  1987  che  ha  dichiarato   l'illegittimita'   costituzionale
 dell'art.  1 del decreto legislativo luogotenenziale 18 gennaio 1945,
 n. 39 nel testo sostituito dall'art. 7 della legge 12 agosto 1962  n.
 1338  e  riprodotto  nell'art.  24 della legge 30 aprile 1969, n. 153
 nonche' dell'art. 23, quarto comma, della legge 18  agosto  1962,  n.
 1357  nella parte in cui escludono dalla erogazione della pensione di
 riversibilita' il coniuge separato per colpa con sentenza passata  in
 giudicato.
    2.  -  Dalla  sopracitata sentenza n. 7437 del tribunale civile di
 Roma si evince che alla Boari Luciana venne riconosciuto  il  diritto
 ad un assegno alimentare, pari a lire 10.000 mensili.
    Con  memoria  depositata  il 27 maggio 1992, l'avvocatura generale
 dello Stato, per la direzione generale degli Istituti di  previdenza,
 ha  chiesto la reiezione del ricorso perche', in sostanza, vi osta il
 dettato dell'art. 38, primo comma, r.D.L. n.  680/38  e  perche'  la
 richiamata sentenza della Corte costituzionale non puo' essere estesa
 analogicamente  alla  normativa  implicata,  che  resta  operativa  e
 applicabile al caso de quo.
    Alla pubblica udienza odierna, il pubblico ministero ha chiesto la
 reiezione del ricorso.
                        CONSIDERATO IN DIRITTO
    4. - Alla luce del dettato dell'art. 38, primo  comma,  r.D.L.  3
 marzo  1938,  n.  680,  secondo  il quale non ha diritto a conseguire
 trattamento  pensionistico  indiretto  la  vedova  che   alla   morte
 dell'impiegato  sia  separata  legalmente  per  sentenza  passata  in
 giudicato pronunciata per di lei colpa e alla  stregua  dell'art.  7,
 secondo  comma,  della  legge 22 novembre 1962, n. 1646 - secondo cui
 per i casi di morte, a partire dalla data di entrata in vigore  della
 legge  stessa, del pensionato delle Casse pensioni indicate nel primo
 comma, alla vedova  non  avente  diritto  a  pensione  per  sentenza,
 passata  in  giudicato, di separazione per sua colpa, e' corrisposto,
 ove sussista lo stato di bisogno un assegno alimentare pari al 20 per
 cento della pensione diretta - la pretesa della ricorrente  volta  ad
 ottenere  trattamento  pensionistico  di  riversibilita'  sarebbe  da
 disattendere.
    5.  -  Evidenziato,  peraltro,  che  la  signora  Boari,  separata
 legalmente  per sua esclusiva colpa, godeva di assegno alimentare, il
 collegio  ritiene  che  debba  porsi  -  perche'  non  manifestamente
 infondata oltre che palesemente rilevante ai fini della decisione sul
 ricorso  -  questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 38,
 primo comma r.D.L. 3 marzo 1938,  n.  680  e  dell'art.  7,  secondo
 comma,  della  legge  22  novembre  1962,  n. 1646, per contrasto con
 l'art. 3 della Costituzione.
    Sotto tale profilo si osserva che:
       a) mentre al  coniuge  separato  legalmente  per  sua  colpa  -
 benche'  titolare  di  assegno di mantenimento - e' negato il diritto
 alla pensione di riversibilita', salvo - ove  sussista  lo  stato  di
 bisogno  -  la corresponsione di un assegno alimentare pari al 20 per
 cento della pensione diretta, gli e'  invece  consentito,  alla  luce
 dell'art.  9,  secondo  comma,  introdotto  dalla  legge  n. 74/1987,
 qualora divorziato e gia' titolare dell'assegno di  mantenimento,  il
 conseguimento, a domanda, della pensione di riversibilita' sia pure a
 determinate condizioni.
    Infatti,  il  nuovo  testo  del gia' citato art. 9, secondo comma,
 introdotto dalla  legge  n.  74/1987,  ha  trasformato  l'assegno  di
 mantenimento  all'ex coniuge divorziato superstite in un vero diritto
 alla pensione di riversibilita', dilatando l'ultrattivita', sul piano
 dei rapporti patrimoniali, del matrimonio sciolto per divorzio.
   Da  cio'  ne  e'  conseguito  che  l'attribuzione  patrimoniale  al
 divorziato  (cfr.  Corte  costituzionale  sentenza  n. 777/1988), pur
 rimanendo assoggettata  alla  condizione  della  pregressa  fruizione
 indiretta,  mediante  l'assegno di divorzio, della pensione di cui l'
 ex  coniuge  defunto  era  titolare  in  base  a  un  rapporto  sorto
 anteriormente  alla  sentenza di divorzio, ha acquistato carattere di
 automaticita' e non e' piu' subordinata alla condizione di uno  stato
 di bisogno effettivo, mentre prima era rimessa nell' an e nel quantum
 alla discrezionalita' del tribunale.
    Tale  diversa  disciplina,  oltre  ad  essere  irrazionale perche'
 privilegia  situazioni  irreversibili  del  matrimonio  (quali   sono
 appunto  quelle  che  ne  determinano  lo scioglimento) rispetto alla
 semplice separazione (nella quale il rapporto e' ancora in  vita)  lo
 e'  anche  perche' crea un incentivo del coniuge separato per colpa a
 chiedere il divorzio e cosi' a rendere definitiva quella  crisi  che,
 invece,  il legislatore mira a sanare e comporre (art. 157 del codice
 civile);
       b) posto che la pensione  di  riversibilita'  viene  acquistata
 iure  proprio,  da  parte  del  beneficiario,  in  relazione  a fatti
 oggettivi; appare intrinsecamente irrazionale il  rilievo  preclusivo
 riconosciuto  alle  vicende  personali  -  che  hanno  condotto  alla
 separazione legale - rispetto  a  un  diritto,  che  e',  di  regola,
 causalmente ricollegabile a fatti oggettivi.